Libero mercato.... eh, già infatti l'avvocato è un imprenditore che vende prodotti i cui prezzi si stabilizzano (verso il basso) grazie alla concorrenza... ma per piacere...
Questa è una vecchia discussione. L'esame così com'è va completamente rivisto perchè è assurdo, ma la sua abolizione determinerebbe conseguenza ancora peggiori:
- accesso indiscriminato di: geni del diritto, trafficoni, capaci, incapaci, competenti, incompetenti, bestie, luminari, gente in gamba, gente che si arrabatta, cani, po r c i, mediocri, ecc..
Anche adesso è un po' così, ma senza l'esame (possibilmente riformato) sarebbe assai peggio.
- la nostra professione (che, ribadisco, non è un'attività d'impresa) ha caratteristiche tali da non permettere al comune cittadino di valutare, in maniera pressochè immediata, la validità del "prodotto". La gente non comprende se e fino a che punto un'avvocato è in gamba e fa le cose per bene (al limite lo comprende molto dopo, quando è tardi). Onde ragion per cui il cliente si rivolgerà ad un determinato legale secondo i tendenziali criteri classici esistenti un po' da sempre: il nome, la fama, la grandezza dello studio, le conoscenze, gli intrallazzi, ecc.
- in questa maniera si perpetrerebbe la casta ancora più agevolmente di quanto avvenga oggi: il figlio mediocre di avvocato affermato (che oggi può venire bocciato all'esame, e ne ho visti tanti alla faccia delle vere o presunte raccomandazioni) accederà senza fatica alla professione ritrovandosi un mare di clienti legati al buon nome del padre. Certo magari qualcuno lo perderà ma molti resteranno per il nome, non essendo in grado, come detto, di discernere di primo acchito la preparazione e la credibilità del pargoletto (e prima o poi, in un modo o nell'altro, imparerà a fare quantomeno i decreti ingiuntivi per qualche grossa banca...).
- morale della favola: i grandi studi manterranno e rinsalderanno la gestione dei clienti importanti (leggasi molto remunerativi); i giovani avvocati (bravi e meno bravi), ormai moltiplicatisi a dismisura per assenza di selezione, si ritroveranno a scannarsi per le pochissime briciole residue.
Il tutto a mo' di giungla.
A ciò si aggiunga che un controllo dell'effettiva pratica non servirebbe a niente... l'equazione "pratica effettiva=competenza professionale" non è per niente valida. E allora saremmo da capo: se non basta la pratica effettiva (controllabile dai CdO) e ci vuole (perchè ci vuole) anche un minimo di competenza professionale, quest'ultima come la stabiliamo? Con un'autocertificazione..?
Ecco perchè la storia del libero mercato, a mio modesto parere, non funzionerebbe... non bisogna soffermarsi esclusivamente sul grande incubo del praticante, l'esame. Chiunque di noi avrebbe pagato (o pagherebbe) in oro l'abolizione dell'esame, ma tale atteggiamento emotivo, pur essendo comprensibile, è del tutto sbagliato perchè il vero problema è il dopo: il titolo di per sè serve a poco se non si ha l'opportunità di esercitare realmente la professione e di campare grazie ad essa. Un "mercato" selvaggio come quello che si verrebbe a creare non selezionerebbe affatto i migliori, ma porterebbe vantaggio solo agli scorretti, ai furbi, agli agganciati... Senza contare la crescità esponenziale di danni ai clienti che deriverebbe da una simile situazione...
Nè vale granchè l'eccezione di chi dice che negli altri stati europei è diverso.... Negli altri stati è del tutto diversa la strutturazione universitaria, che è a monte del problema. I laureati sono già stati adeguatamente selezionati e preparati nel corso degli studi, diversamente da noi che abbiamo un'organizzazione che spesso premia lo studio bovino, che difetta totalmente di aspetti pratici, che porta in troppi casi a forme di lauree "liberatutti"..
L'unica soluzione, sempre a mio modesto parere, sarebbe un esame che determini una selezione obiettiva e realmente meritocratica.
Ma forse questa soluzione è troppo logica... tant'è che a nessun politico è venuta in mente...